Grecia

Vacanze a Creta | Metti le mani in pasta e scopri la cucina cretese nella fattoria del tuo hotel!

La cucina di Creta è famosa per essere tra le più sane e genuine al mondo. In mezzo al verde delle sue colline, a due passi dal mare, c'è un luogo magico dove puoi scoprirne tutti i segreti e preparare con le tue mani piatti da leccarsi i baffi. In questo articolo, Joe Baur, redattore dell'edizione americana di trivago Magazine, ti racconta la sua indimenticabile esperienza con Grecotel e il suo programma "Una giornata in fattoria".

“Tieni. È meglio di una medicina.” Dimitris mi passa un bicchierino, che nelle sue mani enormi sembra ancora più piccolo. La “medicina” in questione è la tsikoudia, o raki per gli amici, un superalcolico ottenuto da uve distillate due volte. La guardo. È trasparente, a vederla sembrerebbe acqua, ma non mi lascio ingannare dall’apparenza e ho una vaga idea di cosa mi aspetta.

Se conosci la grappa o l’ouzo, probabilmente sai di cosa sto parlando. Forse sai anche che quando un greco, chiedo scusa, un cretese ti porge qualcosa da mangiare o da bere, tu lo accetti con piacere e poi ti prepari, come un pugile al centro del ring, perché hai trovato pane per i tuoi denti e sai che la cosa potrebbe farsi un po’ impegnativa. Ma in questo caso non rischi di prenderti un pugno in faccia: qui entrano in ballo i tuoi sensi. L’aroma di formaggio caprino affumicato, il gusto deciso e insolito del miele di timo e i pomodori dolcissimi appena raccolti… per non parlare dell’aria di Creta, fresca e inebriante.

La medicina, o meglio il digestivo, cade proprio a fagiolo. Siamo ormai giunti al termine dell’esperienza “Una giornata in fattoria” (“Be a Farmer for a Day“: nome dell’attività in inglese, come indicato sul sito della fattoria), organizzata da Grecotel presso l’azienda agricola Agreco Farm. Per arrivare in questo luogo magico si parte dalla città di Retimo e si prosegue lungo una strada stretta e tortuosa immersa nella campagna cretese, dove soffia sempre una piacevole brezza. I filari di uva e le piante di pomodori si susseguono ordinati sulle pendici delle colline, attraversati qua e là dalla stradina che porta alla fattoria. All’orizzonte si staglia il Mediterraneo, con la sua presenza rassicurante e il blu intenso che ricorda la bandiera greca.

Un gioiello nel cuore del Mediterraneo

Perché sono qui? Perché voglio conoscere la cucina e la cultura di Creta, passando del tempo fianco a fianco con i contadini che lavorano sull’isola da una vita. Il cibo cretese non è semplicemente l’ennesima tendenza gastronomica che sta aspettando il suo momento di gloria. Il cibo è vita, nel vero senso della parola. A Creta, il momento del pasto è un tripudio di piatti a base di verdure a chilometro zero, pane, formaggi, frutta e, ovviamente, sua maestà l’olio d’oliva. Si dice che la longevità dei suoi abitanti sia dovuta proprio alle loro sane abitudini alimentari. C’è un vero e proprio culto per la buona tavola. In questi giorni, le parole che ho sentito più spesso sono state “pomodori” e “ulivi”.

È proprio come dice Dimitris, cretese doc: “La cucina di Creta è un gioiello nel cuore del Mediterraneo”.

"Dove tutto ha avuto inizio"

Perché Grecotel? Perché una catena alberghiera? Le catene non sono più di moda, giusto? Oggi viaggiare significa cercare le mete meno turistiche, dove puoi entrare in contatto con le persone del posto e vivere un’esperienza autentica e coinvolgente, che avrai vissuto solo tu e nessun altro. Al tuo ritorno, familiari e amici ti ascolteranno a bocca aperta, invidiando le tue doti di viaggiatore esperto.

Siamo onesti: riuscire nell’impresa è quasi impossibile, ma non presso il Grecotel Creta Palace. Qui avrai a disposizione trecento cretesi che non vedono l’ora di raccontarti la loro storia e le loro tradizioni. Pensaci: è molto meglio così piuttosto che rivolgerti a un abitante del posto che, dopo averti lasciato le chiavi di casa ed essersi intascato l’affitto, ti liquida in quattro e quattr’otto.

“Il Creta Palace è la struttura principale”, mi racconta l’hotel manager, Georgios Perantonakis, mentre siamo seduti a bordo piscina sorseggiando un cocktail di benvenuto. “Qui è dove tutto ha avuto inizio.” Negli anni, la catena Grecotel è cresciuta moltissimo. Oggi è costituita da oltre trenta strutture in tutta la Grecia, otto delle quali si trovano sull’isola di Creta.

La Grecotel è stata fondata da Nikos Daskalandonakis, che nel 1989 ha inaugurato il Creta Palace, il primo hotel con questo livello di lusso di tutta la Grecia. “I politici mandavano qui VIP e personalità di spicco perché non c’erano altri posti adatti” mi spiega Katerina Axarli, la responsabile della comunicazione, mentre facciamo un giro dell’hotel. Dai suoi occhi azzurri traspare tutto l’entusiasmo per questo lavoro, nonostante la fatica e l’impegno che richiede. Katerina è simpaticissima. Con una naturalezza incredibile, mi snocciola uno dopo l’altro tutti gli aneddoti sulle persone che ha conosciuto nel corso degli anni

"Creta è tutto per me"

Con una storia trentennale alle spalle, la Grecotel oggi è un’affermata realtà a livello nazionale, ma tutti qui continuano a parlarne con l’affetto e la dedizione tipici di un’azienda a conduzione familiare. Il merito è di Nikos Daskalandonakis, un imprenditore fuori del comune che non ha mai voluto considerare l’isola di Creta e le sue spiagge come una gallina dalle uova d’oro. Nikos è originario di qui, di Retimo per la precisione, come d’altra parte quasi tutte le persone che ho conosciuto durante i miei tre giorni di permanenza, che provengono o dalla città o, al massimo, da Creta. Infatti quando chiedevo a qualcuno di dov’era, quasi tutti, dal personale della reception ai camerieri, rispondevano “Retimo” o “Creta”, guardandomi come se fosse la cosa più scontata del mondo. A dire il vero, c’è stata una cameriera che ha risposto Salonicco, ma le è venuto da ridere perché era l’unica dello staff a provenire da così “lontano”.

Ma per chi lavora alla Grecotel o all’Agreco Farm non c’è nulla di strano in questo. Sono (quasi) tutti cretesi. Perché dovrebbero vivere altrove? Creta è la loro casa. È vero, alcune persone lasciano il luogo dove sono nate e cresciute, altre vorrebbero lasciarlo, ma non possono; i cretesi, invece, possono, ma non vogliono. È un’idea che non prendono neanche lontanamente in considerazione. Per loro, questo è il paradiso e non lo chiamano così perché hanno poca fantasia. Prova a pensarci: dove altro puoi ascoltare della musica tradizionale che riesce immediatamente a portarti il buonumore, contemplando un mare da cartolina e gustando piatti prelibati che oltretutto fanno anche bene alla salute?

“Chi vive qui non riesce a immaginarsi in un posto diverso da questo […] perché Creta offre davvero tutto ciò che si possa desiderare”, spiega Katerina. “Ci sono spiagge, un bel clima e in inverno puoi addirittura trovare la neve in montagna.”

Georgios Pavlidakis è d’accordo su ogni singola parola. Lavora qui da 14 anni e ama definirsi un “dipendente di seconda generazione”. Senza mezzi termini mi dice: “Creta è tutto per me. È il luogo dove sono nato, dove sono cresciuto”. Come facciamo tutti, a volte gli capita di fantasticare e si chiede come sarebbero le cose se vivesse in un altro posto. Ma alla fine, non cambierebbe. “In tutta onestà, vorrei trascorrere ogni giorno della mia vita qui dove sono.” Da americano trapiantato in Germania, invidio ai cretesi la sicurezza che hanno della propria identità.

Ma non è solo la posizione geografica di questa magnifica terra a rendere i cretesi un popolo così privilegiato: sono anche le persone a rendere l’isola un luogo unico. “Facciamo tutti parte di una grande famiglia, anche se non ci conosciamo” spiega Katerina mentre sorseggia un buon caffè greco. “Fin da subito ti senti come a casa, totalmente a tuo agio e infatti questa è la prima cosa che mi dicono gli ospiti quando arrivano.”

Anche per Girios è così: “Accogliere le persone fa parte del nostro DNA, anche se sono dei perfetti sconosciuti. Cerchiamo di trattare tutti come amici o come fossero parte della famiglia”. Vestito di tutto punto, con la camicia e la cravatta blu, Girios non riesce a trattenere un sorriso e continua: “Alcuni pensano che lo facciamo perché è il nostro lavoro, ma non è così: lo facciamo perché siamo cresciuti con questa mentalità”. Spesso invita gli ospiti a fare un giro in città o nei paesini intorno per “trovare lo stesso spirito che si respira all’interno dell’hotel”. Vuole che vedano con i loro occhi che i cretesi hanno l’ospitalità nel sangue.

Contadino per un giorno

“Creta è un posto molto speciale”, mi accoglie Dimitris Kalaitzidakis. Quest’uomo grande e grosso mi stava aspettando seduto in un cortile lastricato in pietra. Alle sue spalle, tutto il verde della campagna cretese e, sullo sfondo, il luccichio del Mediterraneo. “La posizione, il clima, la terra: tutto qui è una benedizione di Dio.”

Sta per iniziare la mia esperienza “Una giornata in fattoria” all’Agreco Farm, Dimitris fa gli onori di casa.

“Dietro la fattoria, puoi vedere il monte Psiloritis. È il più alto dell’isola” mi spiega Dimitris. “Qui è dove è nato e cresciuto Zeus, il sovrano di tutti gli dei e il dio dell’ospitalità. È per questo che i cretesi hanno questo innato senso dell’accoglienza.”

All’improvviso tutto questo parlare di Creta fa scattare qualcosa.

È ora di mettersi al lavoro. Iniziamo con il pane. Entro in una specie di capanna di legno dove trovo una donna vestita di bianco dalla testa ai piedi: maglia bianca, grembiule bianco, bandana bianca. Dimitris rimane con noi per tradurre in inglese quello che mi dice. Effettivamente con i miei “Kalimera” (buongiorno) ed “Efkahristo” (grazie), per quanto accompagnati da un sorriso smagliante, non sarei andato molto lontano.

Mi dicono di immergere le mani in un recipiente di argilla marrone pieno d’acqua, lievito e farina, aiutandomi anche con una gamba per tenere la ciotola in equilibrio. Stiamo preparando l’impasto. Lavoriamo tutti gli ingredienti con le mani finché il composto inizia a solidificarsi e diventa una massa appiccicosa. Mi viene subito in mente quando ero bambino e passavo le ore a giocare con la plastilina colorata. Ma a differenza di allora, oggi potrò finalmente assaggiare le mie creazioni.

Seguendo le indicazioni che mi vengono date, inizio a dividere l’impasto e a disporre i diversi pezzi su un lenzuolo bianco infarinato. Adesso devo premere con forza per trasformare quella massa informe in una pagnotta. Se qualcuno entrasse in questo momento, penserebbe che sto facendo un massaggio cardiaco al pane! Incredibile a dirsi, ma ora l’impasto ha quasi assunto le sembianze del prodotto finale. Lo sistemo su un panno bianco, ovviamente infarinato, e faccio delle incisioni sul pane. In questo modo, una volta cotto e servito in tavola, sarà più facile staccarne i pezzi.

Con un’eleganza da fare invidia a un cameriere, carico sulle spalle la lunga tavola su cui sono allineate le pagnotte e attraverso il ponticello in legno che mi conduce al forno a legna in mattoni. Adesso è arrivato il mio momento: posso far finta di sapere esattamente quello che sto facendo. Prendo una di quelle grandi spatole in legno da pizza e lascio scivolare nel forno tre pagnotte alla volta. Prima però, ho buttato dentro un po’ di farina per verificare che la temperatura fosse quella giusta: se la farina diventa nera, infatti, bisogna aspettare che il forno si raffreddi un po’.

Il pane impiega 20 minuti per cuocere, quindi ho tutto il tempo di andare nell’orto, raccogliere un po’ di pomodori, sciacquarli e affettarli. Ma… com’è possibile? Ecco che trovo ad aspettarmi un tavolo preparato apposta per me dal personale dell’Agreco Farm, con tanto di ciotola di sale del Mediterraneo.

Subito capisco qual è il segreto della cucina cretese: la semplicità. Non esagero quando dico che non ho mai assaggiato qualcosa di più delizioso e saporito di quei pomodori con sopra un po’ di sale. E con tutti questi prodotti gustosi e genuini a portata di mano, non c’è da stupirsi se Dimitris descrive Creta come “un’isola autosufficiente” e nemmeno se sono moltissime le persone ultracentenarie che vivono in questa terra. Se lo spuntino che va per la maggiore è a base di pomodori, sfido chiunque ad avere problemi di linea qui.

Mentre sto affettando i pomodori, faccio la conoscenza di Maria Christoulaki. Visto che il pane è ancora in forno, mi accompagna a fare un giro della fattoria. Mi mostra l’interno di una costruzione e mi spiega che in passato le olive venivano frante utilizzando un meccanismo mosso dagli asini che camminavano in cerchio, mentre oggi ci pensano le macchine. Qui troviamo anche un tavolo con sopra olive verdi e nere. Solo a guardarle mi viene l’acquolina in bocca. Poi ci inerpichiamo su una piccola collina, dove ci aspetta un altro tavolo su cui troneggiano barattoli di miele.

“Provalo: è miele di timo che facciamo noi” mi dice Maria.

Miele di timo? Devo ammettere che ne ignoravo totalmente l’esistenza. Assaggiandolo, ho subito percepito la differenza rispetto agli altri tipi di miele, che dipende dal nettare di cui si nutrono le api. Questo ha un gusto deciso, con una nota terrosa che si sposa benissimo con la dolcezza del miele. È una specialità dell’azienda agricola.

“Costa un po’ di più, è vero, ma non posso farne a meno la mattina a colazione, spalmato su una bella fetta di pane” confessa Maria con quel sorriso che la accompagna sempre.

Nel frattempo, il pane è cotto. Ora posso di nuovo armarmi di spatola ed estrarre le mie creazioni, le prime di una lunga serie. Lo ammetto: la cena non l’ho preparata tutta io. Le costolette di agnello allo spiedo le ho solo guardate mentre si rosolavano, lasciandomi scappare di tanto in tanto qualche esclamazione euforica mentre il grasso colava sul vassoio.

“Lo vedi questo?” Lyronis mi indica una goccia che scivola lungo le costolette. “È ciò che le rende più sane.”

Il tuo dottore sarebbe fiero di te

Dopo aver assaggiato al volo questa succulenta carne di agnello, ecco che mi chiamano di nuovo. Torno nel cuore della fattoria, dove è stato ricreato un tipico borgo cretese, con la chiesa, il mercato e il ristorante, tutti rivestiti in pietra biancastra, e un bell’albero al centro. Accanto all’albero c’è una capra, una capra vera, con tanto di corna e mammelle piene di latte. Pare che stia aspettando proprio me.

“Mettiti al lavoro” mi dicono. Mi guardo intorno e vedo che mi osservano sorridendo. Probabilmente stanno aspettando una mia reazione. Anche se non fa proprio parte della mia esperienza, sono fermamente convinto che quando si è in viaggio ci si debba comportare come la gente del posto, le stesse persone che ora mi stanno dicendo: mungila!

Ovviamente, non mi lasciano andare allo sbaraglio e mi danno qualche indicazione. Inoltre, accanto a me c’è Alexis, che non si allontana un secondo. Mi offre una veloce dimostrazione di come si fa, schizzando nel secchio il latte con la precisione di un cecchino, alternando mano destra e sinistra. Quando arriva il mio turno, è tanto se esce una goccia alla volta. Alexis mette fine a questo momento di imbarazzo. Avvolge le sue mani intorno alle mie e mi fa sentire i movimenti giusti da fare affinché il latte esca dalla mammella. Hai presente quando, alle prime cotte adolescenziali, i ragazzi cercano di abbracciare una ragazza, con la scusa di spiegarle come si regge la mazza del mini-golf? Ecco, con Alexis è andata più o meno così, solo che si è limitato a prendermi le mani.

Ad ogni modo, dopo un po’ inizio a prenderci la mano e finalmente vado avanti da solo. “Bravo!” urla Dimitris, che si gode lo spettacolo comodamente seduto al sole. Beh, mi sembrava di averci preso la mano, ma poi il mio insegnante si è rimesso al posto di comando e ha ricominciato a mungere con maestria.

Mentre il secchio viene portato dentro, mi lavo le mani. Si sa, bisogna sempre farlo prima di toccare il cibo e infatti il mio prossimo incarico è tagliare melanzane, zucchine e pomodori, che verranno poi riempiti con riso e un trito di cipolle, carote e prezzemolo. A dire il vero adesso gioco in casa, visto che mia moglie ha origini greco-americane. I pomodori ripieni sono stati uno dei primi piatti che mi ha preparato sua nonna.

Una volta preparate le verdure, ecco che viene portato di nuovo fuori il latte di capra, che sta per bollire. Il grasso affiora in superficie e, dopo neanche 20 minuti da quando ho munto la capra, è pronto il delizioso formaggio che serve per riempire le “tiropita“, delle tortine fatte di pasta fillo imburrata (anche questa preparata con le mie manine!) e cosparsa di miele di timo.

Come ultimo lavoro, Dimitris mi fa fare una sorta di defaticamento culinario, una cosa semplice semplice per chiudere la giornata in bellezza: koukouvayia o dakos. In altre parole, la bruschetta greca. Prendi alcune fette di paksimadi (pane croccante con la crosta), disponile su un piatto, aggiungi un filo di olio d’oliva, pomodori e feta a cubetti e completa con un altro po’ di olio. Ora sistemale bene su un piatto pulito (perché anche l’occhio vuole la sua parte!) e…voilà: ecco uno stuzzichino gustoso e genuino. Il tuo dottore sarebbe fiero di te.

"Incredibilmente gratificante"

Questa esperienza è sotto ogni aspetto incredibilmente gratificante. Ogni singola fetta di pane e pomodoro è una soddisfazione enorme. Ora cucinare ha assunto un significato totalmente diverso. Sapere che le mie mani sono fondamentali per il risultato finale è una vera conquista. Non sto solo buttando un po’ di pollo in padella, aspettando che si cuocia: sono io a dare la forma al pane, a stendere l’impasto per fare le tiropita, a mungere la capra per trasformare il latte in formaggio. E, incredibile ma vero, lo trovo più facile che scegliere una serie su Netflix.

Forse è ovvio, ma a onor del vero voglio precisare che non sono mai stato lasciato da solo. Non c’è nessuna formula magica. Non sono entrato come un novellino e mi sono magicamente trasformato in un contadino esperto. Gli esperti, quelli veri, che fanno questo lavoro da una vita, che conoscono la propria terra meglio di chiunque altro, erano sempre accanto a me per assicurarsi che non mandassi tutto all’aria. Quando ho buttato via la parte superiore del pomodoro, senza tenerla da parte per coprire il ripieno, sicuramente ho fatto sorridere qualcuno. Quando non sono riuscito ad appoggiare lo spiedo con le costolette di agnello sulle pietre accanto al fuoco e le ho fatte cadere per terra, sono subito venuti in mio soccorso per evitare il peggio.

Ma alla fine di tutto, adesso siamo seduti a una splendida tavola imbandita con ogni ben di Dio. Vedere il risultato del mio lavoro qui, davanti ai miei occhi, mi lascia sbalordito. Ci sono le verdure ripiene, l’agnello, i dakos, le tiropita e altri piatti deliziosi come i chochlii boubouristi, ossia le lumache (tirale fuori usando lo stuzzicadenti e apprezza la consistenza, è simile a quella delle cozze).

“Sto mungendo una capra per trasformare il latte in formaggio. E, incredibile ma vero, lo trovo più facile che scegliere una serie su Netflix.”

Mentre inizio a mettere qualcosa sotto i denti, tenendo a portata di mano un bicchiere di rosé dell’Agreco, inizio a cogliere il senso di quello che aveva detto Katerina a pranzo il giorno in cui sono arrivato.

“Se un piatto è preparato con amore, quando lo mangi, sicuramente riesci a sentirlo. Se non è fatto con amore, non saprà di nulla, anche se hai seguito la ricetta passo passo.”

Non ho dovuto chiedere ai contadini dell’Agreco se amano quello che fanno. È bastato assaggiare il cibo per sentire tutta la loro passione.

"Vederla con i tuoi occhi"

Due giorni dopo, eccomi su un autobus diretto a Heraklion (Candia, in italiano), il punto di partenza e arrivo per l’isola. Vedo il mio riflesso sul finestrino e sullo sfondo il paesaggio roccioso di Creta. Noto una macchia sui jeans, appena sopra il ginocchio, proprio nel punto in cui cercavo di tenere la ciotola in equilibrio mentre impastavo il pane. Sorrido e penso con gratitudine alle persone come Alexis, che condividono parte della loro cultura con viaggiatori da tutto il mondo, anche quando non parlano la loro lingua. Penso a Maria, Dimitris e Katerina, a quanto sono fortunati a lavorare accanto all’Agreco Farm. Capisco perché Girios non potrebbe vivere in nessun altro posto al mondo.

Mentre ero lì, Dimitris mi ha detto: “Anche per me l’Agreco Farm è un luogo magico, anche se ormai lo conosco come le mie tasche. Ogni volta che vengo qui, specialmente dopo una giornata di lavoro chiuso in ufficio, mi rilasso all’istante e provo una sensazione di pace e tranquillità. Per descrivere il paradiso non servono tante parole, non avrebbero senso”.

A volte l’unico modo per cogliere il senso profondo di una cosa è vederla con i tuoi occhi.

La storia e il video sono stati realizzati in collaborazione con il Grecotel Creta Palace.